sabato 9 agosto 2014

 2.Quando nasce la creatività nel bambino piccolo?

Il disegno costituisce la principale forma creativa della prima infanzia per cui, per comprendere come e quando si manifesta la creatività nel bambino piccolo è necessario affrontare il tema riguardante l'evoluzione del disegno infantile. “Il disegno infantile rappresenta un'evoluzione graduale attraverso fasi distinte e successive, che non assumono tuttavia la forma di stadi rigidi e prefissati. Ogni bambino può attraversare le singole fasi in diversi momenti o mantenere forme di espressione primitive accanto a forme più evolute”.

A)Stadi di sviluppo del disegno infantile

Il più completo e insostituibile studio sul disegno infantile e, in generale sull'arte, si deve a Georges-Henry Loquet che ha ben evidenziano le tappe evolutive del disegno infantile e le sua interpretazione si basa soprattutto sul concetto di realismo del disegno del bambino individuando quattro fasi:
  • Realismo fortuito;
  • Realismo mancato;
  • Disegnare attraverso schemi;
  • Realismo intellettuale.
Tuttavia, Anna Oliveiro Ferraris nel suo libro “Il significato del disegno infantile”, fa precedere a queste quattro fasi una fase iniziale denominata fase dello scarabocchio che si manifesta nel bambino tra i 16 e 18 mesi. A questa età il bambino comincia a maneggiare penne, matite pennarelli e a tracciare da solo i primi segni su superfici diversificate. Inizialmente il bambino non sembra essere attratto dalla possibilità rappresentativa del disegno, ma semplicemente dall'avere acquisito e scoperto una nuova competenza, rappresentata dalla linea che miracolosamente esce dalla punta del pastello. “Alla origini l'attività grafica è essenzialmente un fatto organico: il segno è la conseguenza del gesto che descrive la traiettoria su una superficie capace di registralo”. Lo scarabocchio è dunque all'inizio un evento cinetico che provoca non solo piacere visivo ma anche e soprattutto motorio, “un espressione dei movimenti della mano e del braccio sostenuti da un'attività globale di tutto o parte del corpo in cui non interviene altro fattore intellettivo se non l'intenzione di lasciare una traccia”. Accanto a questi primi scarabocchi intesi come scarica di energia e definiti da Bernson come “scarabocchi Vegetativo-Motori”,si affianca il secondo stadio “Rappresentativo” dello scarabocchio” di Bernson che compare attorno ai due/tre anni. A questa età il bambino scarabocchia non più solo per il piacere legato al movimento, ma per rappresentare sensazioni ed avendo maggior capacità di controllo del movimento della matita inizia, a disegnare forme isolate mediate le quali esprime la sua dimensione interiore. L'ultimo stadio è quello “Comunicativo-Sociale” che compare dai tre anni in su in quanto il bambino ha il desiderio di comunicare attraverso i suoi disegni.
In sintesi Bernson sottolinea che” scarabocchiare equivale a esprimersi o per meglio dire, a capire di potersi esprimere e che gli scarabocchi, più visibilmente durevoli di tutte le altre manifestazioni umane, siano esse il gesto o la parola, ci mettono in contatto diretto con la nascita, la presa di coscienza, la formazione dell'Io del bambino”.
In opposizione a Bernson il quale afferma che nel primo stadio Vegetativo-Motorio il bambino scarabocchia solo per un piacere legato al movimento del braccio e della mano, Kellog formula l'ipotesi che nel disegnare il bambino sia spinto soprattutto da un piacere visivo più che motorio o comunicativo: ”l'interesse visivo diventa una componente essenziale dell'attività grafica. Il bambino non scarabocchia solo come forma di carica energetica e motoria, ma per creare forme piacevoli”.

In questi primi segni definita scarabocchi,  prevale nettamente la tendenza formale del cerchio. La predominanza della forma circolare rispetto a quella rettilinea e ciò viene spiegato in chiave psicologica con due principali interpretazioni: la prima morfologica: secondo questa tesi la forma circolare è semplicemente il risultato della specifica morfologia del braccio umano, che si comporta, attraverso l'articolazione del gomito, come un compasso che traccia forme circolari. La produzione di linee rette risulta invece meno naturale e richiede una precisa intenzione. La seconda interpretazione è quella neurologica i cui studi sono stati sviluppati soprattutto da Kello. Egli afferma che la forma circolare che i bambini tendono maggiormente a produrre nei loro primi segni grafici, è un archetipo, ovvero un modello grafico collegato a schemi neuro biologici innati che si è sviluppato nell'uomo come conseguenza della predominanza della forma circolare nell'ambiente naturale. In termini più semplici nel corso degli anni l'uomo si è sviluppato confrontandosi soprattutto con forme circolari quali alberi, sole, luna..che avrebbe poi interiorizzato come come forma ideale, cioè come modello perfetto talmente radicato in lui da essere trasmesso per via genetica.

Dopo la fase iniziale degli scarabocchi, l'evoluzione del disegno infantile si caratterizza per gli stadi di Loquet sopra citati che sono:
  • realismo fortuito (diciotto mesi/due anni e mezzo)
  • realismo mancato (due anni e mezzo/cinque)
  • disegnare attraverso schemi (dai cinque ai nove anni)
  • realismo visivo (dai nove ai dodici anni).
Il primo stadio del realismo fortuito compare intorno ai diciotto mesi/due anni e mezzo. In questa fase, il bambino scopre le possibilità figurative del disegno, cioè che i segni tracciati non sono solo un'esperienza cromatica, ma hanno anche un valore rappresentativo. Per questo motivo il bambino cerca di trovare delle somiglianze tra il suo disegno e un oggetto del mondo esterno/reale. Si tratta pertanto di una somiglianza casuale e involontaria che porta il bambino a correggere il suo prodotto grafico in modo da ottenere una rassomiglianza sempre più reale con l'oggetto del mondo esterno. Questa capacità di estrapolare che cosa il dipinto potrebbe rappresentare in realtà,viene definita “intenzione rappresentativa”, importante pietra miliare per lo sviluppo artistico. L'abilità di astrarre dimostra che il bambino possiede un intelligenza simbolizzante e cioè che ha la capacità di comprendere che i simboli rappresentano l'oggetto e che non è l'oggetto in sé in quanto simbolo e oggetto/referente sono cose distinte.
Il secondo stadio è quello del realismo mancato che compare intorno ai due anni e mezzo. A questa età i bambini iniziano a mostrare nei loro disegni una pianificazione e un'intenzionalità rappresentativa a priori, con la tendenza a preannunciare quello che intendono disegnare. Il bambino quindi, mosso dalla sua intenzione rappresentativa inizia a disegnare ciò che si era prefissato inizialmente ma, ad un certo punto capisce che quello che sta disegnando nono coincide non la figura che voleva effettivamente produrre. Questo capita perché il bambino si pone obiettivi troppo elevati per le sua capacità incontrando così difficoltà nell'esecuzione: tracciare contorni accurati, trascurare particolari importanti, collocare i particolari nella posizione sbagliata, non rispettare le proporzioni. Questa fase viene appunta definita realismo mancato perché il bambino manca il suo obiettivo iniziale riformulando man mano le intenzione del suo disegno.
A mano a mano che il bambino cresce affina sempre di più le sue abilità artistiche arrivando a disegnare figure e oggetti sempre più complessi e attinenti al mondo reale dando importanza allo spazio e introduce nei suoi dipinti l'uso della prospettiva.
Sulla base dell'esperienza precedente il bambino, in questa fase successiva del disegnare attraverso schemi (4-6 anni), disegna le cose che ha imparato a fare meglio rafforzando cosi il senso di sicurezza e autostima. Un oggetto tipico è la figura umana inizialmente (dai tre anni o prima) rappresentata in modo caratteristico ricorrendo a schemi o modelli grafici come quello de “'L' omino testone”: cioè disegna un cerchio che rappresenta la testa (ma in un certo senso anche il suo corpo), con i particolare degli occhi e della bocca (a volte anche naso, orecchie, capelli...) e cui sono attaccate direttamente le braccia e le gambe spesso senza mani e piedi. La scelta di rappresentare tutta la persona solo attraverso il viso e non utilizzando altri parti del corpo se non le braccia e la gambe, deriva secondo la psicologia, dalla peculiarità del viso rispetto al corpo. Il viso risulta infatti uno stimolo plurisensoriale, ovvero la parte del corpo più significativa rispetto alle altre perché è da essa che derivano molti stimoli per i sensi. Più esattamente:
  • tatto: il viso grazie alla sua conformazione morfologica, coinvolge maggiormente il tatto rispetto alle altre parti del corpo più lisce e regolari. Il viso possiede infatti zone dritte come la fronte, ondulate come il mento, rigide morbide come le guance.
  • udito: il viso è la parte del corpo che maggiormente coinvolge l'udito e la presenza della bocca.
  • movimento: il viso è la parte del corpo èiù morbida perché in esso si manifesta la dimensione emotiva. Esso inoltre si caratterizza per un elevato numero di mucoli che continuamente si contraggono e decontraggono.
In sintesi la scelta del bambino di rappresentare tutta la realtà solo attraverso poche sue caratteristiche viene definita in psicologia “percezione sincretica o globalistica” in cui solo un particolare o pochi, assume il valore del tutto.
Nonostante questi schemi siano ripetuti in modo in modo tendenzialmente uguale, sono comunque sottoposti ad una evoluzione nel corso della crescita secondo due particolari direttive:
  • particolari: intorno ai 7 la figura umana si arricchisce e gambe e braccia sono rappresentate con un segno doppio e le proporzioni via via sempre più rispettate. Quindi kil modello non viene abbandonato ma semplicemente arricchito di nuovi particolari come conseguenza dell'incremento delle capacità cognitive del bambino e del miglioramento del processo di concettualizzazione.
  • dimensione/sfondo: inizialmente i singoli schemi vengono rappresentati isolatamente nello stesso foglio e verso i 4-5 anni il bambino inizia a coordinali tra loro in modo da ottenere una rappresentazione unitaria, un'unica scena. Questo risultato viene raggiunto anche attraverso l'inserimento dello sfondo che chiude tutte le singole figure in un'unica rappresentazione. Il limite dello sfondo consiste però nel fatto che i vari elementi disegnati vengono rappresentati tutti quanti sempre rivolti verso il pubblico (bambino che disegna). Si parla in questo caso di una scena teatrale cioè di una prospettive che nella realtà non esiste.
La quinta fase è quella del realismo intellettuale che compare tra i 6-8 anni ed avviene quando nel bambino aumenta la componente cognitiva e comincia cosi a disegnare solo con la sua mente rappresentando cioè la realtà pensata e non quella percepita. In questa fase non c'è alcun tentativo di rappresentazione spaziale corrispondente a ciò che si vede. Inoltre il bambino, mentre disegna utilizza la trasparenza, rappresenta cose che non sono visibili e molto spesso tende a cambiare il suo punto di vista (ad esempio quando il bambino disegea una casa da davanti e il marciapiede visto dall'alto).
La sesta ed ultima fase è quelle del realismo visivo che compare attorno agli 8 anni e nei suoi disegni il bambino cerca di rispettare il più possibile la realtà (rappresentazione fotografica), rappresenta le figure in situazioni dinamiche ovvero nel corso di azioni o sequenze motorie, compare la prospettiva e quindi una corretta rappresentazione delle proporzioni ed infine arricchisce e decora i suoi disegni con numerosi elementi grafici che non sono essenziali ma che migliorano e rendono più bello il risultato finale.
Partendo dalla scarabocchio quindi il bambino inizia a tracciare le sue prime linee punti, forme in modo spontaneo e originale senza alcun intento figurativo poiché il piacere deriva dal movimento del braccio e nel vedere che la matita lascia una traccia indelebile nel foglio. A mano a mano che cresce diventa però consapevole del fatto che a questi segni può attribuirgli un valore e un significato da comunicare agli atri. In questo modo il disegno diventa “parola” e il bambino comunica attraverso di esso tutti i suoi pensieri e i suoi sogni che, dovrebbero essere colti dall'adulto. Il disegno quindi con tutti i suoi segni e simboli, diventa potente mezzo espressivo e, può essere capito dall'adulto solamente se possiede una sufficiente conoscenza di tali scarabocchi. Che il simbolo o segno sia di fondamentale importanza per comprendere i disegni dei bambini, viene espresso dalla Head nella suo opera “Educare con l'arte” e lo dimostra ricorrendo agli studi di P. Mountford in “Arte and Society”. In questa opera viene descritto che anche le tribù aborigene dell'Australia Centrale ricorrono a simboli convenzionali per raffigurare degli oggetti, persone e animali: per esempio il segno di una U dentro ad un'altra U viene utilizzato per indicare un antenato umano e semi-umano, la spirale o circolo invece vengono utilizzati per indicare una collina o gli animali.
Ciò che interessa è dimostrare come questa attività artistica dei selvaggi primitivi coincida con le prime attività artistiche dei bambini moderni: è il caso di un bambino di tre anni che, chiedendogli di disegnare un automobile, ricorre a delle linee tracciate frettolosamente. Le linee sarebbero, per il bambino, le impronte che la macchina lascia sulla strada quando corre. Quindi egli associa all'oggetto macchina, il simbolo convenzionale delle impronte, cosicché per lui la macchina non è altro che le impronte che essa stessa produce.
Proprio per questo motivo il bambino è un'artista creativo: egli infatti non si limita a trasferire un'immagine reale in una forma grafica o plastica ma, nel rappresentare oggetti che lui conosce ( come per esempio l'automobile) utilizza forme sempre nuove originali che solo la sua dimensione creativa può suggerirgli. Tutto ciò comunque è dovuto dall'ingenuità, innocenza e purezza del bambino in quanto, a differenza dell'adulto, non è esposto e contaminato al mondo esterno. Questo concetto può essere sintetizzato nel famoso aforisma di Pablo Picasso “ Ogni bambino è un'artista, Il problema è come rimanere un'artista quando si cresce”.

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