2.Quando nasce la creatività nel bambino piccolo?
Il
disegno costituisce la principale forma creativa della prima infanzia
per cui, per comprendere come e
quando si
manifesta la creatività nel bambino piccolo è necessario affrontare
il tema riguardante l'evoluzione
del
disegno infantile. “Il
disegno infantile rappresenta un'evoluzione graduale attraverso fasi
distinte e successive, che non assumono tuttavia la forma di stadi
rigidi e prefissati. Ogni bambino può attraversare le singole fasi
in diversi momenti o mantenere forme di espressione primitive accanto
a forme più evolute”.
A)Stadi di sviluppo del disegno infantile
Il
più completo e insostituibile studio sul disegno infantile e, in
generale sull'arte, si deve a Georges-Henry Loquet che ha
ben
evidenziano le tappe evolutive del disegno infantile e le sua
interpretazione si basa soprattutto sul concetto di realismo del
disegno del bambino individuando quattro fasi:
- Realismo fortuito;
- Realismo mancato;
- Disegnare attraverso schemi;
- Realismo intellettuale.
Tuttavia,
Anna Oliveiro Ferraris nel suo libro “Il significato del disegno
infantile”, fa precedere
a queste quattro fasi una fase iniziale denominata fase dello
scarabocchio che
si manifesta nel bambino
tra
i 16 e 18 mesi.
A
questa età
il bambino comincia a maneggiare penne, matite pennarelli e a
tracciare da solo i primi segni su superfici diversificate.
Inizialmente
il bambino non sembra essere attratto dalla possibilità
rappresentativa del disegno, ma semplicemente dall'avere acquisito e
scoperto una nuova competenza, rappresentata dalla linea che
miracolosamente esce dalla punta del pastello. “Alla
origini l'attività grafica è essenzialmente un fatto organico: il
segno è la conseguenza del gesto che descrive la traiettoria su una
superficie capace di registralo”.
Lo scarabocchio è dunque all'inizio un evento cinetico che provoca
non solo piacere visivo ma anche e soprattutto motorio, “un
espressione dei movimenti della mano e del braccio sostenuti da
un'attività globale di tutto o parte del corpo in cui non
interviene altro fattore intellettivo se non l'intenzione di lasciare
una traccia”.
Accanto
a questi primi scarabocchi intesi come scarica di energia e definiti
da Bernson come “scarabocchi Vegetativo-Motori”,si
affianca il
secondo stadio
“Rappresentativo”
dello scarabocchio” di
Bernson
che compare attorno ai due/tre anni. A
questa età il bambino scarabocchia non più solo per il piacere
legato al movimento, ma per rappresentare sensazioni ed
avendo
maggior capacità di controllo del movimento della matita inizia, a
disegnare forme isolate mediate le quali esprime la sua dimensione
interiore. L'ultimo stadio è quello “Comunicativo-Sociale” che
compare dai tre anni in su in quanto il bambino ha il desiderio di
comunicare attraverso i suoi disegni.
In
sintesi Bernson sottolinea che” scarabocchiare equivale a
esprimersi o per meglio dire, a capire di potersi esprimere e che gli
scarabocchi, più visibilmente durevoli di tutte le altre
manifestazioni umane, siano esse il gesto o la parola, ci mettono in
contatto diretto con la nascita, la presa di coscienza, la formazione
dell'Io del bambino”.
In
opposizione a Bernson il quale afferma che nel primo stadio
Vegetativo-Motorio il bambino scarabocchia solo per un piacere legato
al movimento del braccio e della mano, Kellog formula l'ipotesi che
nel disegnare il bambino sia spinto soprattutto da un piacere visivo
più che motorio o comunicativo: ”l'interesse
visivo diventa una componente essenziale dell'attività grafica. Il
bambino non scarabocchia solo come forma di carica energetica e
motoria, ma per creare forme piacevoli”.
In questi primi segni definita scarabocchi, prevale nettamente la tendenza formale del cerchio. La
predominanza della forma circolare rispetto a quella rettilinea e ciò
viene spiegato in chiave psicologica con due principali
interpretazioni: la prima morfologica: secondo questa tesi la forma
circolare è semplicemente il risultato della specifica morfologia
del braccio umano, che si comporta, attraverso l'articolazione del
gomito, come un compasso che traccia forme circolari. La produzione
di linee rette risulta invece meno naturale e richiede una precisa
intenzione.
La seconda interpretazione è quella neurologica i cui studi sono
stati sviluppati soprattutto da Kello.
Egli afferma che la forma circolare che i bambini tendono
maggiormente a produrre nei loro primi segni grafici, è un
archetipo, ovvero un modello grafico collegato a schemi neuro
biologici innati che si è sviluppato nell'uomo come conseguenza
della predominanza della forma circolare nell'ambiente naturale. In
termini più semplici nel corso degli anni l'uomo si è sviluppato
confrontandosi soprattutto con forme circolari quali alberi, sole,
luna..che avrebbe poi interiorizzato come come forma ideale, cioè
come modello perfetto talmente radicato in lui da essere trasmesso
per via genetica.
Dopo
la fase iniziale degli scarabocchi, l'evoluzione del disegno
infantile si caratterizza per gli stadi di Loquet sopra citati che
sono:
- realismo fortuito (diciotto mesi/due anni e mezzo)
- realismo mancato (due anni e mezzo/cinque)
- disegnare attraverso schemi (dai cinque ai nove anni)
- realismo visivo (dai nove ai dodici anni).
Il
primo stadio
del realismo
fortuito
compare intorno ai diciotto
mesi/due anni e mezzo.
In
questa fase, il
bambino
scopre
le possibilità figurative del disegno, cioè che i segni tracciati
non sono solo un'esperienza cromatica, ma hanno anche un valore
rappresentativo. Per questo motivo il bambino cerca
di trovare delle
somiglianze tra il suo disegno e un oggetto del mondo esterno/reale.
Si tratta pertanto di una somiglianza casuale e involontaria che
porta il bambino a correggere il suo prodotto grafico in modo da
ottenere una rassomiglianza sempre più reale con l'oggetto del mondo
esterno. Questa
capacità di estrapolare che cosa il dipinto potrebbe rappresentare
in realtà,viene definita “intenzione rappresentativa”,
importante pietra miliare per lo sviluppo artistico. L'abilità di
astrarre dimostra che il bambino possiede un intelligenza
simbolizzante e cioè che ha la capacità di comprendere che i
simboli rappresentano l'oggetto e che non è l'oggetto in sé in
quanto simbolo e oggetto/referente sono cose distinte.
Il
secondo stadio
è quello
del realismo
mancato
che compare intorno
ai
due
anni
e
mezzo. A
questa età
i bambini iniziano a mostrare nei loro disegni una pianificazione e
un'intenzionalità rappresentativa a priori, con la tendenza a
preannunciare quello che intendono disegnare. Il bambino quindi,
mosso dalla sua intenzione rappresentativa inizia a disegnare ciò
che si era prefissato inizialmente ma, ad un certo punto capisce che
quello che sta disegnando nono coincide non la figura che voleva
effettivamente produrre. Questo capita perché
il
bambino
si pone obiettivi troppo elevati per le sua capacità incontrando
così difficoltà nell'esecuzione: tracciare contorni accurati,
trascurare particolari importanti, collocare i particolari nella
posizione sbagliata, non rispettare le proporzioni.
Questa fase viene appunta definita realismo mancato perché il
bambino manca il suo obiettivo iniziale riformulando
man mano le intenzione del suo disegno.
A
mano
a mano che il bambino cresce affina sempre di più le sue abilità
artistiche arrivando a disegnare figure e oggetti sempre più
complessi e attinenti al mondo reale dando importanza allo spazio e
introduce nei suoi dipinti l'uso della prospettiva.
Sulla
base dell'esperienza precedente il bambino, in questa fase successiva
del disegnare
attraverso schemi (4-6
anni), disegna le cose che ha imparato a fare meglio rafforzando cosi
il senso di sicurezza e autostima. Un oggetto tipico è la figura
umana inizialmente (dai tre
anni o prima) rappresentata in modo caratteristico ricorrendo a
schemi o modelli grafici come quello de “'L' omino testone”: cioè
disegna un cerchio che rappresenta la testa (ma in un certo senso
anche il suo corpo), con i particolare degli occhi e della bocca (a
volte anche naso, orecchie, capelli...) e cui sono attaccate
direttamente le braccia e le gambe spesso senza mani e piedi. La
scelta di rappresentare tutta la persona solo attraverso il viso e
non utilizzando altri parti del corpo se non le braccia e la gambe,
deriva secondo la psicologia, dalla peculiarità del viso rispetto al
corpo. Il viso risulta infatti uno stimolo plurisensoriale, ovvero la
parte
del corpo più significativa rispetto alle altre perché è da essa
che derivano molti stimoli per i sensi. Più esattamente:
- tatto: il viso grazie alla sua conformazione morfologica, coinvolge maggiormente il tatto rispetto alle altre parti del corpo più lisce e regolari. Il viso possiede infatti zone dritte come la fronte, ondulate come il mento, rigide morbide come le guance.
- udito: il viso è la parte del corpo che maggiormente coinvolge l'udito e la presenza della bocca.
- movimento: il viso è la parte del corpo èiù morbida perché in esso si manifesta la dimensione emotiva. Esso inoltre si caratterizza per un elevato numero di mucoli che continuamente si contraggono e decontraggono.
In sintesi la scelta del
bambino di rappresentare tutta la realtà solo attraverso poche sue
caratteristiche viene definita in psicologia “percezione sincretica
o globalistica” in cui solo un particolare o pochi, assume il
valore del tutto.
Nonostante questi schemi
siano ripetuti in modo in modo tendenzialmente uguale, sono comunque
sottoposti ad una evoluzione nel corso della crescita secondo due
particolari direttive:
- particolari: intorno ai 7 la figura umana si arricchisce e gambe e braccia sono rappresentate con un segno doppio e le proporzioni via via sempre più rispettate. Quindi kil modello non viene abbandonato ma semplicemente arricchito di nuovi particolari come conseguenza dell'incremento delle capacità cognitive del bambino e del miglioramento del processo di concettualizzazione.
- dimensione/sfondo: inizialmente i singoli schemi vengono rappresentati isolatamente nello stesso foglio e verso i 4-5 anni il bambino inizia a coordinali tra loro in modo da ottenere una rappresentazione unitaria, un'unica scena. Questo risultato viene raggiunto anche attraverso l'inserimento dello sfondo che chiude tutte le singole figure in un'unica rappresentazione. Il limite dello sfondo consiste però nel fatto che i vari elementi disegnati vengono rappresentati tutti quanti sempre rivolti verso il pubblico (bambino che disegna). Si parla in questo caso di una scena teatrale cioè di una prospettive che nella realtà non esiste.
La
quinta fase è quella del realismo
intellettuale
che compare tra i 6-8 anni ed avviene quando nel bambino aumenta la
componente cognitiva e comincia cosi a disegnare solo con la sua
mente rappresentando cioè la realtà pensata e non quella percepita.
In
questa
fase non
c'è alcun tentativo di rappresentazione spaziale corrispondente a
ciò che si vede. Inoltre il bambino, mentre disegna utilizza la
trasparenza, rappresenta cose che non sono visibili e molto spesso
tende a cambiare il suo punto di vista
(ad esempio quando il bambino disegea
una casa da davanti e il marciapiede visto dall'alto).
La
sesta ed ultima fase è quelle del
realismo visivo
che compare attorno agli 8 anni e nei suoi disegni il bambino cerca
di rispettare il più possibile la realtà (rappresentazione
fotografica), rappresenta le figure in situazioni dinamiche ovvero
nel corso di azioni o sequenze motorie, compare la prospettiva e
quindi una corretta rappresentazione delle proporzioni ed infine
arricchisce e decora i suoi disegni con numerosi elementi grafici che
non sono essenziali ma che migliorano e rendono più bello il
risultato finale.
Partendo
dalla scarabocchio quindi il bambino inizia a tracciare le sue prime
linee punti,
forme in modo spontaneo e originale
senza
alcun intento figurativo poiché il piacere deriva dal movimento del
braccio e nel vedere che
la matita lascia una traccia indelebile
nel
foglio. A mano a mano che cresce diventa però
consapevole del fatto che a questi
segni
può attribuirgli un valore e un significato da comunicare agli atri.
In questo modo il disegno diventa “parola” e il bambino comunica
attraverso di esso tutti i suoi pensieri e i suoi sogni che,
dovrebbero essere colti dall'adulto. Il
disegno quindi
con tutti i suoi segni e simboli, diventa potente mezzo
espressivo e,
può essere capito dall'adulto solamente se possiede una sufficiente
conoscenza di tali scarabocchi. Che
il simbolo o segno sia di fondamentale importanza per comprendere i
disegni dei bambini, viene espresso dalla
Head nella suo opera “Educare con l'arte” e
lo dimostra ricorrendo agli studi di P. Mountford in “Arte and
Society”. In questa opera viene descritto che anche le
tribù aborigene dell'Australia Centrale ricorrono
a simboli convenzionali per raffigurare degli oggetti, persone e
animali:
per
esempio il segno di una U dentro ad un'altra U viene utilizzato per
indicare un antenato umano e semi-umano, la spirale o circolo invece
vengono utilizzati per indicare
una
collina o gli animali.
Ciò
che interessa è dimostrare come questa attività artistica dei
selvaggi primitivi coincida con le prime attività artistiche dei
bambini moderni: è il caso di un bambino di tre anni che,
chiedendogli di disegnare un automobile, ricorre a delle linee
tracciate frettolosamente. Le linee sarebbero, per il bambino, le
impronte che la macchina lascia sulla strada quando corre. Quindi
egli associa all'oggetto macchina, il simbolo convenzionale delle
impronte, cosicché per lui la macchina non è altro che le impronte
che essa stessa produce.
Proprio
per questo motivo il bambino è un'artista creativo: egli infatti non
si limita a trasferire un'immagine reale in una forma grafica o
plastica ma, nel rappresentare oggetti che lui conosce (
come per esempio l'automobile) utilizza
forme sempre nuove originali che solo la sua dimensione creativa può
suggerirgli. Tutto
ciò comunque è dovuto dall'ingenuità, innocenza e purezza del
bambino in
quanto, a differenza dell'adulto, non è esposto e contaminato al
mondo esterno. Questo concetto può essere sintetizzato nel famoso
aforisma di Pablo Picasso “ Ogni bambino è un'artista, Il problema
è come rimanere un'artista quando si cresce”.
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