In
sintesi, “avvicinando i bambini all'arte, essi ricevono una forte
gratificazione perché scoprono che il loro mondo magico, come quello
reale degli adulti, esiste effettivamente ed è rappresentato da qui
personaggi importanti che sono gli artisti”.
Il bambino: un piccolo "artista"
lunedì 8 settembre 2014
La
capacità di un bambino e che solo l'artista incontaminato dalla
realtà può avere è quella di stupirsi di fronte a tutte le cose
della vita e guardare tutto ciò che ci circonda cogliendo colori ed
emozioni per poi trasmetterli in modo duraturo attraverso le proprie
opere. A livello artistico dunque le emozioni vengono trasmesse
attraverso quadri e disegni in cui sono raffigurate forme e linee
semplici ma dai colori sgargianti che riproducono immagini reali,
eventi o vicende vissute in tutta la loro semplicità.
Il modo di dipingere dei bambini, si riscontra anche in alcuni pittori
dell'epoca moderna che, “partendo dal realismo ottocentesco hanno
poi attuato progressive semplificazioni e astrazioni alla loro
pittura realistica svincolandosi sempre di più dalle regole
artistiche e dalle convenzioni culturali, per arrivare a
riconsiderare il mondo come appare nei prima anni di vita, quando
ogni cosa è nuova e tutto genera stupore e meraviglia. “Insomma,
l'artista si è man mano spogliato della propria cultura,
abbandonando quelli che sono stati per secoli gli strumenti del suo
mestiere, per raggiungere una semplicità che considera primordiale.
Questa trasformazione artistica è ben espressa una celebre frase di
Pablo Picasso il quale afferma che “Una volta disegnavo come
Raffaello, ma mi ci è voluta una vita intera per disegnare come i
bambini”.
venerdì 5 settembre 2014
Organizzazione del Laboratorio
L'atelier
di creatività è un ambiente presente all'interno della Nido,
ubicato in un posto isolato e tranquillo dove il bambino può
respirare un'aria e un clima di pace e serenità. Un' aspetto molto
importante da non sottovalutare e da salvaguardare, è relativo alla
sua organizzazione che riguarda tre aspetti fondamentali:
sistemazione dello spazio, arredamento e i materiali.
Per quanto riguarda lo spazio, il laboratorio deve
essere un ambiente abbastanza grande e luminoso in modo tale da
permettere ai bambini di lavorare autonomamente senza intralciarsi o
disturbarsi l'uno con l'altro. Perché ciò avvenga, è inoltre
necessario che ogni materiale sia al suo posto e che venga riordinato
ogni volta alla fine dell'attività. Solo in questo modo in momenti
successivi, l'insegnante e gli alunni potranno trovare gli strumenti
necessari all'attività con molta facilità È quindi necessario
disporre di:
- un armadio con dei ripiani e non troppo alto in
modo da rendere visibili gli strumenti che contiene. Ovviamente
tutti gli strumenti che vengono maggiormente usati dai bambini devono
essere riposati nei piani più bassi in modo tale che ciascuno sia
autonomo nel prenderli. Ad esempio verranno messi le matite colorate,
i pennarelli, fogli bianchi per disegnare.... Utile sarebbe anche
utilizzare delle scatole per categorizzare il materiale con delle
apposite etichette rendendo così tutto più ordinato e facile da
trovare in caso di bisogno;
- lavagna appesa alla parete utilizzata per
disegnare ed eventualmente annotare frasi che i bambini esprimono
durante l'attività;
- alcune mensole necessarie per appoggiare oggetti
come libri e giocattoli;
- tavoli sufficientemente grandi e a misura di
bambino;
- sedie a misura di bambino;
- pannelli cioè fogli di compensato di betulla
che possono servire per svolgere attività di pittura verticale;
- scatolone di cartone per riporre ulteriore
materiale rendendo la stanza ordinata;
- tappeto di plastica morbida che potrà essere
utile per fare una piccole mostra dei lavori dei bambini oppure
utilizzato per sedersi in cerchio a discutere o per rilassarsi.
Quindi l'organizzazione del laboratorio deve
essere rigorosa e chiara senza subire modificazione perché solo così
consente al bambino di capire la funzione dei vari oggetti, e dello
spazio stesso, e quindi ne facilita un suo corretto uso.
In
sintesi l'idea chiave è che il laboratorio, per favorire processi
creativi autonomi, deve essere organizzato in modo tale da rispondere
ai tempi di ciascun bambino ed essere coerente con il progetto e le
sue finalità presentando solo i materiali necessari per un suo
corretto svolgimento. Solo in questo modo i bambini potranno
stabilire un rapporto di sicurezza e di serenità nei confronti dello
spazio ed un legame molto forte con l'insegnante che diventa dunque
un riferimento nella loro vita e molto spesso l'unico a cui riescono,
superando ogni inibizione, ad esprimere le loro emozioni e tensioni.
Nascita di una nuova figura: l'atelierista
Con la nascita degli atelier, nasce anche una nuova figura professionale la cui competenza è l'arte. Essa
viene definita atelierista , opera all'interno del laboratorio ed è
spesso un artista di formazione che proviene dal liceo artistico.
Insieme ad educatori, insegnanti ed altre figure
professionali, l'atelierista è chiamata a collaborare per la
realizzazione del progetto educativo utilizzando strumenti e
linguaggi dell'arte per l'attuazione di un metodo di apprendimento
basato sulla ricerca, la pratica e la soggettività.
Non è quindi una figura isolata e staccata dal
resto del nido, ma, lavora a specchio con l'insegnante, imparando
l'una dall'altra e dai bambini stessi, dando vita a momenti di
scambio reciproco, valorizzazione e arricchimento personale.
Esse cercano assieme le strade di una nuova
didattica dove il linguaggio visivo viene intrecciato ad altri
linguaggi costruendo mappe di conoscenza del bambino e
dell'insegnante stessa. Propone ed offre materiali e tecniche
artistiche che rendono attive le mani e la testa per sviluppare
processi immaginativi, creativi ed espressivi che sono in relazione
con i processi cognitivi considerando non tanto il risultato finale,
cioè il prodotto che ogni bambino realizza, ma il processo di
apprendimento e il percorso che ogni bambino mette in pratica per
raggiungere il suo obiettivo.
Questi momenti creativi proposti dell'
atelierista all'interno del laboratorio, vengono svolti sia a livello
individuale che collettivo e ciò permette di capire come una della
sue funzioni sia anche quella di promuovere un lavoro di gruppo che
anziché separare, unisce i bambini all'interno di uno spazio
relazionale in cui ciascuno apprendere insieme all'altro attraverso
il “fare” e il “rifare”. L'atelierista inoltre deve
affiancare i bambini durante lo svolgimento del laboratorio gestendo
eventuali tensioni cognitive e relazionali che possono emergere e
cogliere idee e interessi necessari per realizzare poi una nuova
attività di gruppo. Il laboratorio infatti parte sempre dalle storie
soggettive e dai vissuti personali di ciascuno, cosicché la
prodzione-ricerca che si attua al suo interno, è sempre una ricerca
autobiografica e tutti i lavori prodotti, divengono una testimonianza
della propria identità. Infine, l'atelierista, deve porsi anche come
punto di riferimento per i bambini dando loro sicurezza e
tranquillità, ma allo stesso tempo deve stimolarli senza impedimenti
o forzature attraverso tutte le sperimentazioni, tecniche ed
espressive di cui essa dispone.
Invece il cento c'è
Il
bambino
è fatto di cento.
Il bambino
ha cento lingue
cento mani
cento pensieri
cento modi di pensare
di giocare e di parlare
cento sempre cento
modi di ascoltare
di stupire di amare
cento allegrie
per cantare e capire
cento mondi
da scoprire
cento mondi
da inventare
cento mondi
da sognare.
Il bambino ha
cento lingue
(e poi cento cento cento)
ma gliene rubano novantanove.
La scuola e la cultura
gli separano la testa dal corpo.
Gli dicono:
di pensare senza mani
di fare senza testa
di ascoltare e di non parlare
di capire senza allegrie
di amare e di stupirsi
solo a Pasqua e a Natale.
Gli dicono:
di scoprire il mondo che già c'è
e di cento
gliene rubano novantanove.
Gli dicono:
che il gioco e il lavoro
la realtà e la fantasia
la scienza e l'immaginazione
il cielo e la terra
la ragione e il sogno
sono cose
che non stanno insieme.
gli dicono insomma
che il cento non c'è.
Il bambino dice:
invece il cento c'è.
Loris Malaguzzi
è fatto di cento.
Il bambino
ha cento lingue
cento mani
cento pensieri
cento modi di pensare
di giocare e di parlare
cento sempre cento
modi di ascoltare
di stupire di amare
cento allegrie
per cantare e capire
cento mondi
da scoprire
cento mondi
da inventare
cento mondi
da sognare.
Il bambino ha
cento lingue
(e poi cento cento cento)
ma gliene rubano novantanove.
La scuola e la cultura
gli separano la testa dal corpo.
Gli dicono:
di pensare senza mani
di fare senza testa
di ascoltare e di non parlare
di capire senza allegrie
di amare e di stupirsi
solo a Pasqua e a Natale.
Gli dicono:
di scoprire il mondo che già c'è
e di cento
gliene rubano novantanove.
Gli dicono:
che il gioco e il lavoro
la realtà e la fantasia
la scienza e l'immaginazione
il cielo e la terra
la ragione e il sogno
sono cose
che non stanno insieme.
gli dicono insomma
che il cento non c'è.
Il bambino dice:
invece il cento c'è.
Loris Malaguzzi
In questa sua poesia Malaguzzi esorta gli adulti a
riconoscere e dar valore a tutte le diverse forme di espressione e di
comunicazione che i bambini attuano, incluse quelle più difficili da
comprendere. Quindi, nell'approccio reggiano, il verbo corretto da
utilizzare è ascoltare; ascoltare
il bambino che viene visto in modo attivo e non passivo e che
significa non solo comprendere i diversi modi con cui il bambino
comunica, ma anche dare senso e significato al messaggio e valore al
soggetto che lo trasmette.
Come dice Carla Rinaldi: "se
crediamo che i bambini sono attivi protagonisti nel processo di
costruzione della conoscenza, allora il verbo più importante nella
pratica educativa non è più parlare, ma ascoltare. Ascoltare
significa essere aperto a quel che gli altri hanno da dire, ascoltare
i cento o più linguaggi, con tutti i nostri sensi. Ascoltare
significa essere aperti alle differenze e riconoscere il valore di
diversi punti di vista e delle interpretazioni degli altri”.
L'atelier: un laboratorio dove far crescere immaginazione, creatività e fantasia
Per dare al bambino la possibilità di esprimere la sua creatività, è necessario, predisporre di uno spazio adeguato in cui il bambino si sente libero e sicuro di sperimentare questa sua dimensione fantastica. Ecco perché l'importanza degli atelier o laboratori all'interno delle strutture educative.
Si tratta di laboratori dove il bambino può
esprimere il suo linguaggio grafico, pittorico e visivo come
strumento di conoscenza della realtà e di sé a livello interiore e
più profondo.
Si superano così i tradizionali metodi di una
scuola assistenziale centrata sulla “parola” per dare
importanza al “fare” del bambino rendendo attive le mani,
la testa e le emozioni e allo stesso tempo valorizzando
l'espressività e la creatività di ciascuno. Il fare è azione
concreta, è sporcarsi e , proprio per questo, valorizza il bambino
come soggetto attivo con delle proprie capacità, competenze e
abilità che può mettere in pratica all'interno dell'atelier, perché
è qui che si fanno imprese ed esperimenti. Il laboratorio è
pertanto quel luogo materiale in cui si respira il piacere del fare.
A tal proposito Malaguzzi definisce i bambini come dei piccoli
“costruttori, cioè bambini che
non si possono considerare come recipienti o oggetti passivi di
diverse influenze, capaci invece di costruire oggetti, fantasie,
immagini, pensieri, conoscenze solo se si permette agli occhi, al
linguaggio, alla mente di lavorare”.
L'Atelier diventa quindi il luogo della
creatività, dell'invenzione e della fantasia che si esprimono
attraverso i “100 linguaggi”, poiché i bambini non comunicano
solo attraverso la parola, ma anche e soprattutto attraverso i loro
disegni pieni di pensieri, parole, sentimenti, emozioni...che
realizzano come se fossero dei piccoli artisti. Ciascuno infatti ha
il diritto e la possibilità di esprimere in maniera personale e
autonoma le proprie sensazioni, le gioie, le paure, le idee e le
tensioni attraverso l'utilizzo di molteplici linguaggi rispettando le
diverse identità, individualità, i sentimenti e le capacità di
ciascuno.
Quindi è necessario costruire una situazione dove
il bambino sperimenti e verifichi queste sue capacità artistiche
nella più ampia serenità e tranquillità.
È infatti indispensabile, perché il processo
espressivo possa mettersi in atto, che il bambino si senta capito e
rispettato nei suoi sentimenti, nelle sue tensioni ed emozioni, nei
suoi tempi di lavoro all'interno di un ambiente amico e accogliente,
dove tutti esplorano e provano in una situazione di confronto senza
paura dell'errore.
Importante è anche rendere visibile ciò che il
bambino fa e quindi l'atelier realizza la documentazione visiva dei
diversi lavori di ciascuno, attraverso distinti materiali quali
registrazioni, fotografie, videocamera... al fine di rendere visibile
l'immagine complessa del bambino e le sue grandi potenzialità. In
questo modo si dà più importanza al processo rispetto al prodotto,
ritenendo che il percorso sia la parte più interessante da
analizzare perché è qui che si scopre la creatività.
L'atelier quindi è quel luogo in cui tutte le
sensazioni, i vissuti, le paure, i timore, le idee, i
sentimenti...possono trovare la loro massima espressione e dove la
strutturazione dello spazio e dei materiali deve essere salvaguardata
per favorire momenti di espressione autonoma e individuale.
In questo modo si creano le condizioni affinché
ciascuno possa sperimentare con sicurezza e serenità segni, forme e
colori trasferendo ad ogni singolo prodotto una parte del proprio
vissuto personale.
Per concludere, si può affermare che l' atelier è
lo spazio pensato e progettato per i cento linguaggi dei bambini.
Queste forme di comunicazione possono svilupparsi ed essere
condivise attraverso esperienze creative concrete sia a livello
individuale che di gruppo, tenendo presente che Cento linguaggi è “
la ricchezza infinita delle potenzialità dei bambini, della loro
capacità di stupirsi e di ricercare. Cento linguaggi è la pluralità
degli sguardi e dei punti di vista”.
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